Sicilia

di Guido Montaldo


Sospinti dal vento, lungo le rotte del Mediterraneo, Fenici, Greci, Arabi e Normanni, fecero della Sicilia il loro approdo preferito per il commercio del vino.

“Sicilia e vino”, un binomio indissolubile fin dall’antichità. La vite in Sicilia ha una storia antichissima. Recenti ritrovamenti alle falde dell’Etna riguardo tralci di vite, parlano infatti di 4000/5000 anni fa, un’ epoca a cavallo tra la fine del neolitico e l’inizio dell’era dei metalli.

Qualcuno l’ha definita la “Nuova California” altri “L’Eldorado vinicolo”, sinonimi di un successo a cui la Sicilia vitivinicola oggi è arrivata, ma non senza fatica e anche umiliazioni. Sembrano lontani infatti i tempi in cui la qualità era sacrificata sull’altare della quantità; in realtà parliamo di non più di vent’anni fa.

L’evoluzione enologica siciliana è stata rapidissima. In vent’anni sono stati consacrati all’altare dei grandi vini alcune tipologie siciliane, mentre altre vengono riscoperte quotidianamente grazie ad un intenso lavoro scientifico e di promozione.

Primo tra tutti il Nero d’Avola, rosso tradizionale siciliano, la cui fama ha già varcato gli oceani. I bianchi freschi e profumati, autoctoni come l’Inzolia, figlia del Mediterraneo, il Catarratto e il Grillo, protagonista nel Marsala, oggi vinificato anche in purezza.

Dalla storia emergono vitigni come il Frappato di Vittoria, le cui origini sembrano coincidere con il mitico fenicio Biblino; il Nerello Mascalese e Cappuccio delle balze dell’Etna. Poi ancora vini dolci originali nel panorama mondiale, come la Malvasia delle Lipari, il Moscato di Noto e di Alessandria, lo Zibibbo di Pantelleria.

Vitigni

Bianchi:

Il Greco bianco, vitigno d’eccellenza calabrese, venne coltivato in Sicilia da tempi remoti con il nome di Albanello bianco. Il Carricante è un vitigno originario della Sicilia, che deve il suo nome all’abbondante produzione, diffuso soprattutto nella provincia di Catania, alle falde dell’Etna. Il Catarratto bianco si coltiva in Sicilia da tempo immemorabile, la sua coltivazione si è specializzata nella zona di Trapani. Viene suddiviso in diverse qualità che si differenziano per la forma dei grappoli: C. comune o latino, C. lucido o extra lucido, C. lucido serrato e C. lucidissimo o extra lucido. Il Damaschino bianco, il suo nome fa pensare alla sua provenienza dalla città di Damasco e perciò durante la dominazione araba. Il Grillo bianco sembra essere stato importato in Sicilia dalla vicina Calabria durante la ricostruzione post- fillosserica. Si diffuse soprattutto nella zona di Marsala e di Trapani, dove la sua abbondante produzione si rese utile per la produzione di Marsala. Il Grecanico dorato bianco è molto utilizzato in diverse Doc con altri vitigni locali, ma si sa poco delle sue origini storiche; Malvasia bianca, è un biotipo di Malvasia localizzato nella zona di Fontane bianche (Siracusa). L’inzolia, comune alla toscana Ansonica, sembra essere stata importata dai coloni greci. La Malvasia delle Lipari ha probabilmente uno stretto legame con la Malvasia dell’isola di Creta, la Malevyzion prodotta nella regione di Cnosso o di Sitia in vigneti antichi. Lo Zibibbo bianco o Moscato di Pantelleria o di Alessandria, sarebbe originario dell’Egitto e successivamente diffuso nel Mediterraneo dai Romani. Nei territori conquistati dagli Arabi fu utilizzato per ottenere uva passa, infatti il sinonimo Zibibbo ricorda la parola Zibibb, cioè uva secca.

Rossi:

Il Corinto nero è un’uva molto interessante che veniva utilizzata soprattutto per la produzione di uva passa. Il Frappato è un altro celebre sconosciuto, si pensa che le sue origini siano spagnole, ma la sua coltivazione è citata almeno dal XVII sec. nel comune di Vittoria oggi prov. di Ragusa. Il Nerello cappuccio, è coltivato sia in Sicilia che in Calabria e rientra in diverse Doc. Non si conosce però di dove sia originario, il nome deriva dallo sviluppo della chioma. Il Nerello mascalese, come il precedente, è presente nei vigneti della Calabria e della Sicilia, sembra però originario della piana di Mascali (Ct). Il Nero d’Avola, chiamato anche Calabrese o Calabrese d’ Avola, è una delle migliori uve rosse siciliane, oggi forse la punta di diamante della nuova enologia dell’Isola. Non si sa quando vi sia giunto e il nome, più che far pensare alla provenienza dalla vicina Calabria, sarebbe un’errata traduzione dal dialetto siciliano “calaurisi”, cioè l’unione di due parole: “calea” ovvero uva e “aulisi” che vuol dire “di Avola”, borgo della provincia di Siracusa.

Il Perricone nero, vitigno diffuso nella parte occidentale della Sicilia da molto tempo, ma di cui si conosce poco, conferisce alcolicità e corpo agli uvaggi con altri vitigni.

Naturalmente sono molto coltivati anche i vitigni internazionali sia bianchi che neri.

Una Docg: il Cerasuolo di Vittoria

23 Doc: Alcamo; Contea di Sclafani; Contessa; Entellina; Delia Nivolelli; Eloro; Erice; Etna; Faro; Malvasia delle Lipari; Mamertino di Milazzo o Mamertino; Marsala; Menfi;  Monreale; Moscato di Pantelleria o Passito di Pantelleria o Pantelleria; Noto; Riesi; Salaparuta; Sambuca di Sicilia; Santa Margherita di Belice; Sciacca; Sicilia; Siracusa e Vittoria.

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