di Guido Montaldo
Il Nebbiolo è il re delle piccole e grandi DOC del Nord Italia.
Il suo nome evoca le nebbie che salgono in autunno nei vigneti del Nord Italia, anche se la sua coltivazione è prevista su tutto il territorio nazionale, estendendosi dalla Bassa Valle d’Aosta, alle Langhe, nel Roero, in Canavese nel comune di Carema, in provincia di Torino, nel Biellese, nell’Alto Vercellese e Novarese. In Lombardia è il vitigno leader della Valtellina ed è presente anche nell’uvaggio del Terre di Franciacorta, nel resto d’Italia è presente in piccole percentuali solo in Sardegna. Impianti sporadici di Nebbiolo esistono anche Oltreoceano. I nomi dei vini prodotti con questo vitigno, soprattutto in purezza, sono leggendari.
Stiamo parlando di Barolo, Barbaresco , principi delle Langhe, ma anche di Sassella, Inferno, Grumello e Valgella in Valtellina e di Fara e Spanna a Ghemme e Gattinara.
Tipologia vini e distribuzione sul territorio
Il Nebbiolo prende nomi curiosi a seconda di dove si è ambientato storicamente e così, regione per regione, si chiama Spanna (Novarese e Vercellese), Picotèner o Picotendro (Valle d’Aosta e Alto Canavese), Prunent (Val d’Ossola), Chiavennasca, Chiavennascone e Chiavennaschino (Valtellina). Va ricordato che la Croatina nel Novarese e nel Vercellese viene chiamata Nebbiolo (di Gattinara) o Spanna-Nebbiolo (Spannibièu) e che il Dolcetto nel Tortonese e nell’Oltrepò Pavese è sempre denominato Nebbiolo.
Le tipologie di vini sono quindi estremamente eterogenee, ma hanno tutte un rapporto molto stretto con il territorio di produzione e quindi rare volte escono da questo riuscendo, difficoltosa la loro reperibilità. Basti pensare ai vini della Valle d’Aosta, dove il Nebbiolo entra in percentuali rilevanti in due varietà: il Valle d’Aosta Arnad-Montjovet Doc (70-100%) e il Valle d’Aosta Donnas Doc (85-100%) prodotti in Bassa Valle, vini rossi, frutto di una viticoltura di montagna che esprimono un fascino particolare. In linea di continuità territoriale la coltivazione del Nebbiolo prosegue a Carema, nel Canavese, dimostrando come questo vitigno sia attaccato tenacemente al terroir e di come i viticoltori gli siano affezionati. Difatti il Nebbiolo è un classico vitigno da terroir se impiantato in terreni vocati e con le condizioni adeguate, dà grandi soddisfazioni. Inoltre, la storia lo dimostra, deve essere coltivato da gente con esperienza, il Nebbiolo infatti è una bestia nera per i viticoltori sia in campo che in cantina, è sensibile ai funghi (oidio) e alle muffe, inoltre il precoce germogliamento lo rende talora soggetto a danni causati dalle gelate tardive.
Il Nebbiolo in Piemonte
La terra d’elezione del Nebbiolo rimane senza ombra di dubbio il Piemonte, ed è qui infatti che nei secoli ha trovato i territori più idonei alla sua valorizzazione. La ricchezza del Nebbiolo è straordinaria, grazie all’elevata acidità, alla grande presenza di tannini e alcol. Il nebbiolo si doma e si ammorbidisce solo dopo anni di invecchiamento in legno, solo allora dà vita a grandi vini di corpo e struttura, invecchiati per un periodo più o meno lungo, di tale complessità ed eleganza da competere con i migliori vini del mondo. Il Barolo, definito “il re dei vini e il vino dei re”, è oggi ricercato dai consumatori che vengono in Langa, grazie al trend creato dai media italiani e stranieri.
Il Nebbiolo offre un’estrema duttilità, può dare come abbiamo visto vini giovani da bersi entro 3 o 4 anni e vini che durano oltre 30 anni. In Italia sono pochi i vitigni ad avere queste caratteristiche: il Sangiovese, il Montepulciano o la Barbera, ma in quest’ultimo caso l’acidità risulta troppo elevata. Il tallone d’Achille del Nebbiolo rimane la mancanza di colore, che si può risolvere a parte con supporti tecnologici, abbassando le rese, cioè producendo meno.
Un’altra buona caratteristica del Nebbiolo è l’attitudine all’appassimento, come si faceva una volta in Piemonte e come invece si verifica in Valtellina con la produzione dello Sforzato di Valtellina Docg.
Se le Langhe hanno imposto da tempo la leadership nella produzione di vini da Nebbiolo, grazie al Barolo e al Barbaresco, la Valtellina sta vivendo una seconda giovinezza, merito di produttori intraprendenti, che sulla scia dell’innovazione hanno cambiato radicalmente il gusto dei celebri Sassella, Grumello Inferno, Vagella e Maroggia, che dalla vendemmia 1998 si possono fregiare della Docg. Il nuovo stile produttivo, che ha reso popolari e richiesti i tipici vini di montagna, contempla un grande lavoro in vigneto e nelle cantine, dove si utilizzano tecnologie moderne insieme a tecniche antiche, quali l’appassimento parziale, anche per vini diversi dallo Sforzato. Il risultato sono sempre vini potenti, ma dagli aromi fruttati, dai sapori morbidi e vellutati, molto apprezzati dal consumatore moderno e sempre più valorizzati dalla cucina creativa, non solo valtellinese.