Etna, i vini del Vulcano; un successo per la DOC siciliana

i vini dell'etna

di Guido Montaldo


Gli abitanti lo chiamano “Iddu”, con un tono di rispettoso timore. In effetti l’Etna concede molto dal punto di vista della ricchezza dei terreni e della variabilità del clima, elementi fondamentali all’elaborazione di vini di prestigio, ma in una notte sola ti può togliere tutto, come accadde nel 1981, con la lava che lambì le soglie del paese di Randazzo, falciando in un colpo solo ettari ed ettari di vigne.

La vite e la produzione del vino sono presenti in questa zona da tempi remoti e celebrati dalla storia, basti pensare al vino con cui Ulisse ubriacò Polifemo.

L’Etna è stata la prima Denominazione di origine controllata ad ottenere il riconoscimento della denominazione di origine, nel 1968, ma in questi ultimi 50 anni la viticoltura si è contratta notevolmente.

La viticoltura etnea è molto parcellizzata, come d’altronde le attività di montagna, se si pensa che, quasi il 60%delle aziende vitivinicole provinciali sono situate in montagna, il 39% in collina e meno dell’1% in pianura. Quasi i 2/3 delle aziende vinicole hanno superfici inferiori all’ettaro. Ma l’Etna, con i suoi vigneti, con i suoi paesaggi, le sue vallate è stato riconosciuto come Patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco.

Nella zona etnea si trovano rappresentati, nel giro di alcune decine di chilometri, paesaggi naturalistici ed agricoli che vanno dal sub-tropicale a quelli prettamente montani.

Un paesaggio mozzafiato, simile a quello dei vini di montagna della Valtellina e della Valle d’Aosta, si possono considerare tre grandi zone elettive per la coltivazione della vite.

La prima è quella compresa tra i 400 e i 900 metri s.l.m., nel versante rivolto ad est, la seconda è quella compresa tra i 400 e gli 800 metri nel versante rivolto a nord; e la terza fra i 600 e i 1000 metri nel versante rivolto a sud.

Nella provincia di Catania, ed in particolare della zona etnea, intorno all’800 vi erano oltre 40 diverse varietà di vite da vino. La situazione viticola post-fillosserica (malattia che cambiò radicalmente i vigneti italiani) mutò drasticamente per quantità e per qualità. Vitigni reduci furono il Nerello Mascalese, il Carricante, il Grenache (Alicante) e in percentuale minore la Minnella e il Nerello Cappuccio, oggi protagonista della Doc Etna bianco ed Etna rosso. La viticoltura etnea è  la punta di diamante dell’enologia catanese, poco conosciuta fino ad oggi, ma al secondo posto in Sicilia come numero di imbottigliatori. Proprio alle pendici dell’Etna in questi ultimi 20 anni è partito il rinascimento della viticoltura della Provincia di Catania, grazie alla lungimiranza di alcune aziende siciliane affermate, che hanno investito in nuovi vigneti e cantine in questo territorio. Oggi in pratica tutte le cantine più importanti siciliane, da Planeta a Duca di Salaparuta, da Cusumano a Tornatore, da Cottanera a Tasca d’Almerita hanno vigneti alle pendici dell’Etna.