Emilia e Romagna

di Guido Montaldo


Furono sicuramente gli Etruschi a diffondere la viticoltura nel territorio che oggi costituisce l’Emilia e Romagna, ma i romani la resero un’attività così fiorente, tanto che questa regione veniva considerata uno dei più antichi serbatoi di vino dell’antichità.

L’Emilia Romagna è costituita da una estesa e vasta pianura, che affianca per buona parte il percorso del fiume Po fino al mare; un territorio perfetto per ottenere grandi quantità di vino grazie a vitigni con rese generose. Tra questi Malvasia e il Trebbiano la fanno ancora da padroni. Che dire dei Lambruschi, le cui originino risalgono alla notte dai tempi, la loro coltivazione era già acquisita dagli Etruschi e le loro qualità cantate da Virgilio?

Vent’anni fa iniziò un positivo cambiamento, che ha visto la produzione orientarsi più sulla qualità che sulla quantità. Tra i vini protagonisti di questa rivoluzione è il Sangiovese, oggi simbolo dell’enologia romagnola.

Vitigni

Bianchi: l’Albana di Romagna, un antico vitigno di indiscussa provenienza romagnola che risale sicuramente all’epoca romana, è l’indiscussa regina dei vitigni bianchi.

Il Trebbiano invece è sicuramente il primo vitigno bianco, per diffusione, in Emilia Romagna. Esistono due tipi di Trebbiano legati al territorio: il Trebbiano modenese e il Trebbiano romagnolo, che entra nella composizione di numerose Doc regionali, tra cui Bosco Eliceo, Colli di Imola, Colli di Faenza, Colli di Rimini, Colli di Scandiano e Canossa, ecc. L’Alionza bianca è sicuramente meno conosciuta dell’Albana, ma nel passato fu individuata da alcuni enologi francesi per un’eventuale sua coltivazione nel Sud della Francia. Malvasia di Candia aromatica bianca, da non confondersi con la Malvasia bianca di Candia che non è aromatica, Ortrugo, Pignoletto bianco, Montù bianco, Verdicchio, Marsanne.

Rossi: il Lambrusco rappresenta nel mondo l’Emilia Romagna e la sua tradizione enogastronomica. Scrivere di Lambruschi richiederebbe un libro. Probabilmente gli attuali vitigni derivano da viti selvatiche, già note a Virgilio e Plinio e presenti in tutta l’Italia centro-settentrionale. Solo dal XIX sec. si ha una prima distinzione fra i diversi Lambruschi. Oltre ai più noti Lambrusco di Sorbara, Grasparossa, Salamino tipici del Modenese, esistono il Lambrusco Maestri (prov. di Parma), il Lambrusco Marani (Reggio E. e Modena), Lambrusco Montericco (Reggio Emilia) e Lambrusco Oliva. Se il Lambrusco rappresenta la tradizione, il Sangiovese, anche se si ritiene originario della Toscana, rappresenta la buona evoluzione dell’enologia emiliano-romagnola. L’identità del Sangiovese toscano con quello romagnolo e con il Brunello, il Prugnolo e il Morellino è stata dimostrata fin dal XVIII sec. da numerosi autori.

L’ Ancellotta nera o di Massenzatico, Bonarda, Croatina, Montepulciano, Fortana o anche Uva d’oro, Malbo Gentile, Sgavetta n., Cagnina, Uva Longanesi, prende il nome dal suo scopritore Aldo Longanesi, che la trovò arrampicata ad una quercia, negli anni ’20 nei dintorni di Bagnacavallo (Ravenna).

Docg e Doc

2 Docg: Colli Bolognesi Classico Pignoletto e Romagna Albana

18 Doc: Bosco Eliceo; Colli Bolognesi; Colli Bolognesi Sottozona Bologna; Colli di Faenza;  Colli di Imola; Colli di Parma; Colli di Rimini; Colli di Scandiano e di Canossa; Colli Piacentini; Colli Romagna Centrale; Gutturnio; Lambrusco di Sorbara; Lambrusco Grasparossa di Castelvetro; Lambrusco Salamino di Santa Croce; Modena o Di Modena;  Ortrugo; Reggiano; Reno e Romagna

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