di Guido Montaldo
Lo Chardonnay è uno dei tre vitigni fondamentali per la produzione di vini nel mondo e senz’altro è il nome più conosciuto sulle carte dei vini bianchi nella ristorazione mondiale.
Ma a cosa è dovuta questa sua fama e dove arriverà la sua notorietà, considerando anche la battaglia in atto contro l’omologazione del gusto che comincia a fargli preferire vini da vitigni autoctoni?
Se lo chiedono in tanti, soprattutto là dove lo Chardonnay è diventato una risorsa economica importante, come il Trentino, dove è diffuso per il 49% e fautore delle bollicine a metodo classico del Trento DOC.
In Francia, dove è nato, ha dato origine ai più grandi vini bianchi del mondo sia in Borgogna che in Champagne. Il buon Chardonnay francese è meravigliosamente puro, come dice John Salvi, master of wine inglese, che vive a Bordeaux, e un grande Mersault o un Corlon Charlemagne, rappresentano l’espressione più precisa dello Chardonnay nel mondo.
Oggi è diffuso in ogni angolo del globo, anche in regioni in cui non si immagina affatto, non tanto il Cile, l’Australia o la Nuova Zelanda, ma l’Austria, dove con lo Chardonnay si producono grandi vini dolci (Trockenbeerenauslese).
Una delle ragioni più importanti per la sua vasta diffusione mondiale è senz’altro genetica. Il fatto che sia un incrocio, ha fissato molto bene i suoi caratteri genetici che lo rendono adattabile ai più svariati ambienti. E’ un vitigno però che non si esprime al meglio dappertutto, si riscontrano nel mondo numerose brutte imitazioni dei migliori terroir come quello della Borgogna, che danno origine a vini insignificanti, con un nome generico e con bassi profili sensoriali.
Forse la sua dote più importante, è quella di produrre vini che sono testimoni dei territori dove vengono prodotti. Lo Chardonnay infatti può originare vini, che pur mantenendo alcuni elementi sensoriali di riconoscibilità, sono capaci di differenziarsi notevolmente a seconda dei territori di produzione, offrendo uve cui la maturazione è ottimale, cariche di zuccheri, molto colorate e aromatiche, ideali per fare vini moderni con un elevato profilo sensoriale.
I vini Chardonnay, sia base spumante che fermi di queste zone fresche presentano infatti un profilo olfattivo contraddistinto da fiori bianchi, frutta (pera, pesca e spezie), seguiti da aromi secondari di burro dovuti alla fermentazione malolattica, mentre al gusto si contraddistinguono per una maggior freschezza di prodotto.
Lo Chardonnay è un vitigno tra i più versatili a tavola. A seconda delle tipologie e dell’affinamento, possiamo abbinare lo Chardonnayad antipasti, primi piatti a base di pesce o verdure, piatti di portata a base di pesce o carni bianche. Le versioni più strutturate sono adatte anche a primi piatti più complessi (lasagne al forno con funghi o verdure, risotti a base anche di carne) e piatti di portata sia di pesce che di carni bianche anche più intensi e strutturati.
Genealogia
Lo Chardonnay nasce a Chardon (Francia) frutto di un incrocio tra uve nere di Pinot nero e bianche di Gouais, considerato il padre di tutti i vitigni.
Essendo un incrocio, ha avuto numerosi fratelli e all’inizio produceva bacche rosse.
Verso il 1300 invece, a causa di un raffreddamento generale dell’Europa, una piccola glaciazione, furono scelte quelle varietà che producevano uve bianche, che naturalmente maturavano prima. In Italia tra le prime regioni che lo importarono vi fu il Trentino, dove nella seconda metà del’ 800 veniva chiamato Borgogna bianco. Fu Giulio Ferrari che credette per primo nello Chardonnay, promuovendone l’introduzione dalla Borgogna e dalla Champagne. Pensate che in Italia fino agli anni ’70 veniva confuso con il Pinot bianco e solo nel 1978 fu riconosciuto come Chardonnay, quando fu iscritto nel catalogo nazionale delle varietà.