Bollito misto: il grande piacere

di Guido Montaldo


Succulento e nutriente, adatto per ritemprare corpo e appetito dai rigori della stagione fredda, il bollito italiano è uno dei piatti monumentali della tradizione gastronomica italiana. La ricetta ideale fu pensata per banchetti di almeno 12 persone.

Collega storicamente diverse regioni d’Italia che, ancora una volta, dimostrano la ricchezza della gastronomia nazionale. Nel Nord Italia un sinonimo di “bollito” è “il lesso”, che deriva dal tipo di cottura delle carni. Una tradizione di origine celtica? Non ne siamo certi, di fatto gli antichi abitanti della pianura padana e del nord Europa (Eire, Galles e Scozia) amavano lessare la carne più che arrostirla.

Tra le ricette celebri piemontese c’è il «Grande bollito storico risorgimentale piemontese», il piatto preferito da Vittorio Emanuele II. Il gran bollito misto alla Piemontese si compone di sette tagli: tenerone, scaramella, muscolo di coscia, stinco, spalla, fiocco di punta, cappello del prete.

 

 

In pentole diverse si cuociono invece i componenti, che rendono tipico il bollito: la testina di vitello completa di musetto, la lingua, lo zampino, la coda, la gallina, il cotechino e la rolata (copertina di petto arrotolata e legata su un ripieno di lardo o prosciutto, salame cotto, due uova, una carota intera, erbe aromatiche e pepe, che poi viene tagliata a fette). Completano questo grande piatto unico almeno tre salse o bagnetti. I più classici sono quello verde rustico, bagnet vert, ottenuto da prezzemolo, acciughe, aglio e mollica di pane raffermo; il bagnetto rosso, con pomodori, aglio, senape e aceto rosso e il cren, una salsa a base di rafano. Una curiosità: un tempo era buona usanza nelle cascine piemontesi consumare il brodo dopo averlo colorato con un poco di vino rosso, Barbera ovviamente!

Anche in Lombardia il bollito è un piatto da prendere seriamente: biancostato, ganascino, capello da prete, coda, lingua e gallina ripiena vengono serviti su carrelli, in pentoloni di rame o su grandi banchi espositivi in ristoranti dove si arriva fino a 13 varietà diverse di carne.

 

 

L’abbinamento classico è con la mostarda: da quella mantovana, con frutta spezzettata, a quelle più innovative, come la mostarda di anguria bianca, fino ad arrivare alla gelatina di Lambrusco.

Nel Veronese invece il bollito si accompagna principalmente con la «pearà», salsa densa e cremosa realizzata con pane raffermo, brodo, midollo di bue, olio e pepe nero. La pearà si mangia prevalentemente «con galoni de pito, tochi de bò e de vedel; galine, caponi lesse (con galloni di tacchino, pezzi di bue e di vitello; galline, capponi lessi).

Tra le città più rinomate per il bollito troviamo Modena e Parma. Dove accanto alla carne di manzo e vitella trionfa il maiale con le sue prelibate preparazioni: si spazia dal classico zampone alla copertina (polpa di spalla), alla testina, per arrivare al prosciutto di Praga, alla punta ripiena e al guancialino, con abbinamenti tradizionali come lenticchie e purè di patate. Un’ interessante tradizione di bollito riguarda anche la Toscana: nel piatto della tradizione, oltre a manzo e a gallina, rientrano anche pollo, testina, musetti, zampuccio, coda e zampetti. A Roma esiste una versione di lesso «ripassato» con cipolle che viene chiamato «bollito alla picchiapò» e che propone come variante la passata di pomodoro, latte, vino bianco e basilico.

 

 

 

Italia che vai bollito che trovi e naturalmente i vini per abbinarlo, dalla Barbera d’Asti, e Barbera d’Alba , preferita quella in versione frizzante o vivace, al più austero Barbaresco, per i palati raffinati. Diciamo che l’abbinamento enologico consigliato sono quei vini rossi con una discreta quantità di anidride carbonica e acidità, che si sviluppano naturalmente nel Lambrusco (Reggiano, Mantovano o Modenese), nella Bonarda (Oltrepò pavese) e Gutturnio (Colli piacentini) che possiedono la capacità di “sgrassare” le carni del bollito e renderle più digeribili.

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