Campania

di Guido Montaldo


Hanno quasi tremila anni di storia, ma mai sono stati così giovani, freschi e importanti: sono i vini della Campania. I Romani li chiamavano “i vini degli Imperatori” e li custodivano in particolari anfore, chiuse da etichette, su cui annotavano la denominazione e l’annata di produzione, come dei veri e propri cru. Falerno, Greco, Faustiano e Caleno, erano i migliori vini dell’antichità in assoluto e si producevano a Pompei, a Nola e a Capua.

Oggi i diretti discendenti di quella famosa dinastia sono l’Aglianico, il Fiano, il Greco, la Falanghina, il Per’ e Palumno, vini originali che offrono sul mercato una valida alternativa a prodotti standard, frutto di vitigni internazionali, che si possono produrre in ogni parte del mondo.

I vini campani nascono invece solo in Campania, in un territorio tra i più affascinanti, connotato da diversità geografiche molto accentuate. Si pensa infatti generalmente a vigneti di pianura; invece la viticoltura di montagna qui rappresenta circa il 70%, la collina il 20 % e la pianura solo il 4%.

Da ciò risulta che il territorio è altamente vocato alla viticoltura, anche se la coltivazione in zone spettacolari come la Costiera Amalfitana, Ischia e Capri, diventa quasi eroica.

Se oggi possiamo parlare di alta qualità per i vini campani la strada non è stata certo facile.

Dai fasti dell’epoca romana ad oggi la viticoltura campana ha subito una grande trasformazione. All’inizio del’900 la Campania era la prima regione d’Italia per produzione di vino (si può dedurre anche la qualità di quel vino che raggiungeva sfuso gli stabilimenti di mezza Europa come vino da taglio). Prima la fillossera e poi l’abbandono dell’agricoltura a carattere familiare, causarono un’importante flessione nella produzione.

Solo a partire dagli anni ’90 vi fu la vera svolta, con un ritorno alla politica di valorizzazione di quei vitigni autoctoni, che erano i diretti discendenti dei “vini degli Imperatori”. In meno di vent’anni, con la revisione di numerosi disciplinari di produzione che hanno imposto la coltivazione degli antichi vitigni autoctoni, le Docg sono diventate quattro.

Vitigni

Bianchi: Asprinio, Biancolella, Cacamosca, Caprettone, Catalanesca bianca, Cavalla, Coda di pecora, Coda di volpe, Falanghina, Falanghina beneventana, Fenile, Fiano, Forastera, Ginestra, Greco, Greco di Castelvenere, Moscato di Baselice, Pallagrello bianco, Pepella, Ripolo, Sanginella bianca, Sant’Antonio, S. Pietro, Santa Sofia.

Rossi: Aglianico e Aglianico amaro, Aglianicone, Aleatico, Barbera del Sannio, Casavecchia, Castagnara, Janese, Olivella, Pallagrello nero, Piedirosso, Piedirosso avellinese, Rosso antico, Sabato, Sciascinoso, Sommarrello, Suppezza, Tintore di Tramonti, Tronto, Uva di colore.

4 Docg: Aglianico del Taburno, Taurasi, Fiano di Avellino e Greco di Tufo.

15 Doc: Aversa; Campi Flegrei; Capri;  Casavecchia di Pontelatone; Castel San; Lorenzo; Cilento;  Costa d’Amalfi; Falanghina del Sannio;  Falerno del Massico; Galluccio;  Irpinia;  Ischia; Penisola Sorrentina; Sannio e Vesuvio.

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