di Davide Spataro
La birra è da sempre la bevanda alcolica popolare per antonomasia: il suo consumo nel Mondo supera quello del vino mentre in Italia, pur non godendo della stessa storia e diffusione culturale, è in costante crescita incalzando sempre più i numeri consolidati del nettare di bacco.
Il fenomeno sicuramente più interessante, che sta supportando tale crescita, è il continuo “fiorire” di numerosi microbirrifici e l’aumento di produzione di birra cosiddetta artigianale a fronte della classica versione industriale.
Una prima distinzione da fare è dunque questa, e la differenza è assolutamente sostanziale:
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La birra industriale prevede una produzione in larga scala che dia luogo ad un prodotto finito molto omogeneo, “vendibile” e che possa durare nel tempo. Per questo motivo i grandi produttori (spesso multinazionali multibrand), prevedono una pastorizzazione durante il processo di produzione che conferisce grande longevità, ma ha il difetto di appiattire il sapore, gli aromi e i profumi evoluti che sarebbero l’essenza di questo prodotto.Inoltre, per ottimizzare i costi, si fa spesso ricorso a surrogati del malto come riso, mais o altri cereali, snaturando la ricetta semplice e base di produzione della birra: acqua, malto, luppolo e lievito.Questo non vuol dire che il risultato sia un prodotto di qualità bassa o banale, ma sicuramente le tecniche di produzione sono finalizzate all’aspetto commerciale e questo può risultare in antitesi con la qualità effettiva.
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La birra artigianale è spesso definita come “birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione”. Quindi un prodotto assolutamente naturale (senza conservanti o additivi chimici) di minor durata nel tempo e quindi di più difficile conservazione, ma con maggiore personalità.Il processo produttivo non è però tutto. Dietro questa definizione c’è anche da tenere in considerazione l’aspetto emozionale di questa bevanda.
In Italia esistono più di 1.000 microbirrifici nati dalla passione e dal talento di tante persone che con grande dedizione e pazienza, hanno l’ambizione di poter creare un prodotto unico, distintivo e riconoscibile che ben si concilia con il concetto di “artigiano”.
Quello della produzione di birra artigianale e’ un trend che si perpetua ormai dalla fine degli anni ’90, talvolta nato dalla fortunata storia di un Pub, in altri casi è semplicemente figlio di appassionati che vogliono provare a sperimentare un sapore originale o una combinazione di luppoli e aromi innovativi.
Il concetto di quantità ha quindi un ruolo importante nella produzione della “bionda” artigianale, tuttavia il binomio grandi quantità=industriale e piccole quantità=artigianale è facilmente confutabile se si guardano alcuni esempi negli Stati Uniti, dove grandi etichette riescono a produrre in grosse quantità birre artigianali eccellenti. Inoltre anche in Europa, se guardiamo l’offerta commerciale dei brand cosiddetti “industriali”, vediamo come il trend stia cambiando, strizzando l’occhio, anche su larga scala, ai gusti più evoluti ed esigenti dei consumatori.
In Italia fortunatamente esiste la cultura del bere bene, che si traduce nella valorizzazione delle materie prime e del territorio, conciliando tradizione e innovazione nella produzione. Ed è proprio la ricerca della qualità, unita alla passione di tanti addetti del settore, che spiega come il nostro Paese, seppur acerbo per tradizione brassicola, sia in prima linea in Europa per la diffusione di birre artigianali.